Quanto guadagna un consulente in educazione finanziaria?
- Unipegaso Roma
- 24 lug
- Tempo di lettura: 5 min
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La figura del consulente in educazione finanziaria sta prendendo sempre più piede, tra aziende, istituti di credito, scuole e privati che cercano di migliorare la propria alfabetizzazione economico-finanziaria.
Ma quale cifra si nasconde dietro questo titolo? La risposta non è un numero fisso, perché il mercato spazia da ruoli stipendiati in banche o FinTech a incarichi freelance per workshop, webinar o programmi di pianificazione personale.
Chi è e cosa fa un consulente in educazione finanziaria
Il consulente in educazione finanziaria affianca individui, gruppi e organizzazioni nella comprensione di concetti come budget, risparmio, investimento, debito responsabile, pianificazione previdenziale e gestione del rischio.
Si confronta con scuole per inserire moduli didattici nei piani formativi, con aziende per costruire programmi di welfare finanziario per i dipendenti, con associazioni di categoria per promuovere eventi sul tema e con privati per sessioni individuali o di gruppo.
Dietro a ogni intervento c’è un’analisi dei bisogni, la progettazione di contenuti adatti al target, la scelta dei formati più efficaci (dal workshop interattivo al video-learning) e la valutazione dell’efficacia tramite questionari e KPI specifici.
È un ruolo che richiede competenze economiche, abilità pedagogiche e, spesso, una solida presenza digitale.
Ma quindi quanto guadagna un consulente in educazione finanziaria?
Quando il consulente in educazione finanziaria è inserito in una banca o in una società di consulenza strutturata, la RAL di ingresso può partire dai 28.000 euro lordi annui per profili junior che supportano progetti di alfabetizzazione interna e community aziendali. Con alcuni anni di esperienza, capacità di condurre sessioni autonome e di misurare l’impatto formativo, la forbice si alza verso i 35.000–42.000 euro.
Nei ruoli senior, con responsabilità su programmi complessi, formazione manageriale e coordinamento di team instructional design, non è insolito raggiungere i 50.000–60.000 euro, soprattutto in realtà con forte focus sul welfare finanziario.
All’estremo opposto, in istituti di credito di fascia alta o in FinTech, i pacchetti possono prevedere bonus legati al numero di utenti formati o alla riduzione del tasso di insolvenza, portando il compenso totale oltre i 70.000 euro.
Nelle istituzioni pubbliche o nelle associazioni no profit impegnate in progetti di inclusione finanziaria, i numeri partono più bassi, spesso tra 24.000 e 30.000 euro, ma sono accompagnati da una forte valenza sociale.
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Il lavoro autonomo e i compensi per progetti
Chi opera come libero professionista in questo settore deve costruire il proprio prezzo su workshop aziendali, pacchetti di coaching individuale e programmi di formazione per istituti scolastici.
Un workshop di due ore destinato a dipendenti può essere remunerato tra 500 e 1.200 euro, a seconda del numero di partecipanti e del livello di profondità dei contenuti. Le sessioni one-to-one o di piccolo gruppo, mirate alla pianificazione finanziaria personale, vengono spesso prezzate tra 80 e 150 euro l’ora.
Per progetti più articolati, come l’ideazione e l’erogazione di un percorso di literacy finanziaria per studenti delle scuole superiori o universitari, il compenso per l’intero pacchetto – dalla progettazione alla valutazione finale – può variare tra 3.000 e 8.000 euro.
Anche i programmi di mentorship finanziaria continuativa, con incontri mensili e monitoraggio dei progressi, possono essere strutturati in retainer da 1.000 a 2.500 euro al mese. Chiarezza su deliverable, durata e indicatori di successo è fondamentale per evitare ambiguità e garantire sostenibilità.
I fattori che aumentano il valore professionale
Il background accademico e le certificazioni in ambito finanziario (ad esempio quel certificato EFPA o CFP) rappresentano un biglietto da visita importante.
Aumenta notevolmente il potere di negoziare tariffe un consulente che possiede una comprovata esperienza sul campo, che ha condotto progetti con KPI misurabili come l’incremento del tasso di risparmio o la riduzione dell’indebitamento medio dei partecipanti.
La capacità di costruire contenuti digitali – video, podcast, microlearning – e di sfruttare piattaforme LMS e strumenti di analytics rafforza la percezione di valore. Infine, la presenza in community professionali, la pubblicazione di articoli su riviste di settore o la partecipazione a conferenze conferiscono autorevolezza.

Strategie per far crescere il proprio reddito
Per spostare il focus da un’ora di lezione a un ruolo di consulenza progettuale, conviene puntare sulla definizione di percorsi strutturati con obiettivi misurabili e reportistica. Offrire servizi di analisi dei fabbisogni e di monitoraggio a medio-lungo termine, anziché singole sessioni spot, permette di proporre pacchetti di valore superiore. Specializzarsi in nicchie come educazione finanziaria per liberi professionisti, per over 55 in uscita dal lavoro o per neo-imprenditori startup, rende i servizi più rilevanti e meno sostituibili. Curare il personal brand attraverso case study pubblici, webinar gratuiti di alto profilo e collaborazioni con istituzioni aumenta la domanda e le tariffe. Infine, non bisogna sottovalutare la negoziazione: presentarsi con benchmark di mercato e dati concreti sull’impatto consente di discutere compensi con maggiore sicurezza.
Trend e prospettive del settore
L’educazione finanziaria sta vivendo una svolta digitale: le piattaforme di microlearning e le app che simulano scelte finanziarie ampliano il pubblico potenziale.
Le nuove generazioni richiedono contenuti brevi, interattivi e gamificati, mentre il mercato del corporate welfare spinge le aziende a includere literacy finanziaria tra i benefit.
Crescono le iniziative di alfabetizzazione finanziaria nelle scuole, sostenute da programmi nazionali e europei. La regolamentazione si fa più stringente sui requisiti formativi per alcuni professionisti (ad esempio consulenti o promotori finanziari), aprendo spazi per consulenti indipendenti con competenze pedagogiche e tecniche.
Chi saprà integrare finanza, tecnologia e pedagogia sarà nella posizione migliore per negoziare compensi più elevati.
Domande frequenti
Consulente in educazione finanziaria e promotore finanziario sono la stessa figura?
No, il promotore propone prodotti finanziari e agisce su mandato di istituti di credito o reti, mentre il consulente in educazione finanziaria ha un approccio formativo e indipendente.
Serve una laurea specifica?
Non c’è un obbligo formale, ma titoli in economia, finanza, statistica o discipline affini sono frequenti. Certificazioni professionali e master in financial education aiutano a distinguersi.
Si può lavorare da remoto?
Gran parte delle attività formative e di coaching possono svolgersi online, mentre workshop e incontri di gruppo in presenza restano apprezzati.
Quanto guadagna in banca un consulente in educazione finanziaria?
Inizialmente tra 28.000 e 35.000 euro lordi annui, con potenziale di crescita fino a 50.000–60.000 in ruoli senior parlando di programmi strutturati.
Quali competenze aumentano il valore del consulente?
Capacità analitiche, esperienza pratica sui mercati, competenze digitali per creare contenuti, abilità comunicative e certificazioni riconosciute.
Conclusioni
Rispondere alla domanda “quanto guadagna un consulente in educazione finanziaria” significa riconoscere un mondo che unisce finanza, formazione e tecnologia. È possibile iniziare con pacchetti aziendali intorno ai 28–35 mila euro lordi e salire a oltre 60 mila euro in posizioni senior con responsabilità progettuali.
Nel freelance, tariffe orarie di 80–150 euro e pacchetti da migliaia di euro per progetti strutturati offrono flessibilità e potenziale di crescita.
Chi vuole distinguersi deve dimostrare impatto misurabile, investire in certificazioni e puntare su metodologie digitali innovative.
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