top of page

Di cosa si occupa un brand manager?

  • Immagine del redattore: Unipegaso Roma
    Unipegaso Roma
  • 7 ago
  • Tempo di lettura: 8 min

Tempo di lettura: 10 minuti


Il ruolo del brand manager rappresenta il cuore pulsante di ogni strategia di marketing in azienda. A livello operativo, questo professionista coordina l’insieme delle attività volte a costruire, consolidare e proteggere l’immagine di un marchio, con l’obiettivo di farlo emergere nel panorama competitivo.

Pur non essendo direttamente coinvolto nella produzione, il brand manager detiene la responsabilità di tradurre i valori dell’azienda in esperienze coerenti e memorabili per il pubblico di riferimento.

Per svolgere efficacemente questo compito, è fondamentale possedere un mix di competenze analitiche e creative.

Da un lato, è richiesta una solida capacità di lettura dei dati: il brand manager analizza metriche di mercato, trend di consumo e performance delle campagne pubblicitarie per prendere decisioni informate.

Dall’altro, deve saper lavorare sull’aspetto emozionale, definendo il tono di voce, il design degli elementi visivi e i messaggi chiave che risuonino con i clienti.


Ma quindi di cosa si occupa un brand manager?

Il brand manager elabora piani di medio-lungo termine per il posizionamento del marchio, stabilendo obiettivi chiari e definendo milestone intermedie. Questo richiede capacità di project management: budget, calendari, cronoprogrammi e risorse umane vanno organizzati con precisione per garantire il rispetto delle scadenze e massimizzare l’efficacia delle azioni.

L’interazione con diversi reparti aziendali richiede poi doti di leadership e negoziazione. Il brand manager funge da collante tra marketing, vendite, ricerca e sviluppo, design e agenzie esterne. Deve saper tradurre le esigenze di ciascun team in una visione unitaria, bilanciando innovazione e coerenza di brand. La capacità di mediazione e di costruzione di relazioni proficue è quindi imprescindibile.

Non meno importante è il monitoraggio continuo delle performance del brand. Attraverso dashboard e report dedicati, il professionista valuta indicatori chiave (come brand awareness, quota di mercato e sentiment sui social) e implementa eventuali correttivi. Questo approccio data-driven garantisce che le strategie rimangano sempre allineate ai cambiamenti del mercato e alle aspettative dei consumatori.

Infine, il brand manager deve coltivare una visione lungimirante: osservare i trend emergenti, sperimentare nuovi canali di comunicazione e aggiornare costantemente le best practice di settore. In un contesto in rapida evoluzione, la capacità di adattamento diventa la chiave per mantenere il marchio rilevante e vincente nel tempo.





Ti interessa diventare un brand manager?

Lo sai che abbiamo un Master in "Comunicazione d'Impresa"?






Strategia di posizionamento

La strategia di posizionamento costituisce il cuore delle attività di un brand manager, poiché definisce il modo in cui il marchio viene percepito nella mente del consumatore. Una posizione chiara e distintiva permette di differenziarsi in un mercato saturo, creando un vantaggio competitivo sostenibile. Per elaborare una strategia efficace, è fondamentale considerare non soltanto i bisogni attuali del target, ma anche le tendenze emergenti e i movimenti della concorrenza.

Un posizionamento vincente nasce dall’analisi approfondita del settore di riferimento, dalla mappatura dei concorrenti e dalla comprensione dei punti di forza e di debolezza interni all’azienda. Il brand manager traduce queste informazioni in un messaggio coerente, che verrà declinato attraverso tutti i touchpoint del marchio: packaging, pubblicità, social media, customer care e distribuzione. Solo così si ottiene un’identità solida, capace di catturare l’attenzione del pubblico e mantenere viva la relazione nel tempo.

“Un buon posizionamento è come una bussola: guida tutte le decisioni di marketing e assicura che ogni azione sia allineata allo stesso obiettivo.”


Analisi di mercato e segmentazione

L’analisi di mercato rappresenta il primo passo nel percorso di posizionamento. Il brand manager raccoglie dati quantitativi e qualitativi per costruire un quadro chiaro delle dinamiche competitive, delle abitudini di consumo e delle opportunità di nicchia. Strumenti come indagini di mercato, focus group, social listening e report di settore forniscono insight fondamentali. Ad esempio, osservare le conversazioni online consente di individuare i temi caldi e le emozioni associate ai prodotti simili.

Parallelamente, la segmentazione del mercato suddivide il pubblico in gruppi omogenei in base a criteri demografici, geografici, psicografici e comportamentali. Questa suddivisione permette di creare proposte di valore personalizzate, aumentando la rilevanza del brand per ciascun segmento. Un’analisi demografica può rivelare che un prodotto è particolarmente apprezzato da un pubblico under 35, mentre lo studio dei comportamenti d’acquisto evidenzia che i consumatori più fedeli tendono a rinnovare l’acquisto ogni tre mesi.


A questo punto, il brand manager definisce il posizionamento competitivo, ossia la promessa unica che il marchio intende mantenere rispetto ai concorrenti. Tale promessa viene espressa attraverso elementi tangibili (prezzo, funzionalità, servizio) e intangibili (valori, status, emozioni). È essenziale che questa proposizione sia credibile, desiderabile e difficile da imitare. Un’errata segmentazione o un posizionamento troppo generico rischiano di confondere il pubblico e disperdere le risorse di marketing.

Al termine di questa fase, il brand manager dispone di una mappa di posizionamento che visualizza il proprio marchio e quelli rivali rispetto a due o più attributi chiave (ad esempio qualità percepita e prezzo). Questa rappresentazione grafica agevola la comunicazione interna e indirizza la pianificazione delle successive attività creative e media.


brand manager


Costruzione dell’identità di marca

La fase di costruzione dell’identità di marca è uno dei momenti più creativi e al contempo strategici per un brand manager.

Qui si definisce ciò che il pubblico vedrà e sentirà, trasformando concetti astratti in elementi tangibili. L’identità non riguarda solo il logo, ma l’insieme delle caratteristiche—dal design visivo alla personalità verbale—che rendono il marchio riconoscibile e memorabile. Un’identità ben costruita agisce come un filo rosso che collega tutte le comunicazioni, garantendo coerenza e rafforzando il posizionamento deciso in precedenza.

La coerenza grafica è fondamentale: ogni elemento visivo, dalla palette cromatica ai font utilizzati, deve rispecchiare i valori del brand. Se un marchio si pone come dinamico e innovativo, le scelte cromatiche dovranno essere fresche e moderne; un’azienda orientata alla tradizione e alla solidità prediligerà toni più sobri e formali. Allo stesso modo, la personalità verbale—il tono di voce—deve adattarsi ai canali e al pubblico, passando da comunicazioni più istituzionali a messaggi colloquiali sui social media.


Logo, tono di voce e storytelling

Il logo è il simbolo grafico che sintetizza l’essenza del marchio. Deve essere semplice, versatile e scalabile, funzionando sia in digitale sia su materiali stampati. Dietro a ogni curva e a ogni scelta tipografica si nasconde un significato: un font arrotondato trasmette un senso di accoglienza, uno più rigido comunica precisione.

Il tono di voce completa il logo, dando “suono” alle parole del brand. Un brand manager deve definire linee guida chiare per l’uso della lingua, includendo uno stile formale, amichevole o autorevole, a seconda degli obiettivi strategici. Il risultato è una voce unica che cattura l’attenzione e crea connessioni emotive.

Lo storytelling è la componente narrativa che unisce il tutto. Raccontare la storia del marchio—la sua missione, i suoi fondatori, i successi raggiunti—permette di instaurare un legame duraturo con il pubblico. Una buona storia non parla solo di prodotti, ma di esperienze e valori condivisi.

 

Pianificazione e gestione di campagne

Una volta definita l’identità, il brand manager si dedica alla progettazione di campagne integrate. L’obiettivo è tradurre le strategie in azioni concrete, organizzando fasi di creatività, produzione e distribuzione. Per garantire risultati misurabili, ogni campagna segue un percorso pianificato: brief creativo, selezione dei canali, definizione del budget e lancio.

Questa fase richiede costante coordinamento con i team di grafica, copywriting, media buying e con le agenzie esterne. Il brand manager segue la campagna in tutte le fasi, assicurandosi che i messaggi siano on brand e che il timing sia rispettato. Solo così si evita la dispersione del messaggio e si mantiene un’esperienza utente coerente.


Pubblicità offline e online

Le campagne offline—stampa, affissioni, eventi—permettono di toccare il pubblico in luoghi fisici, rafforzando la presenza tangibile del brand. In parallelo, le iniziative online (social media, email marketing, display advertising) offrono tracciabilità e flessibilità. L’integrazione tra offline e online consente di amplificare la portata, creando un flusso continuo di interazioni e rafforzando il ricordo del marchio.

 

Coordinamento cross-funzionale

Il brand manager è il perno di un sistema che vede coinvolti reparti molto diversi tra loro. Dal marketing alla R&S, dal design alle vendite, ogni team contribuisce a un pezzo del puzzle. Il suo compito è tradurre le esigenze di ciascuno in azioni concrete, bilanciando obiettivi contrastanti come costi, tempi e creatività. Attraverso riunioni regolari e aggiornamenti strutturati, mantiene tutti i soggetti allineati, prevenendo fraintendimenti e ritardi.

Lavorare con fornitori e agenzie richiede precisione nei brief e chiarezza nei feedback. Un brand manager esperto sa motivare i partner esterni, fornendo loro tutti gli strumenti per interpretare correttamente l’identità di marca e rispettare i tempi pattuiti. Allo stesso modo, stimola il team interno a mantenere alta l’attenzione sui dettagli, riconoscendo i risultati e favorendo un clima di collaborazione.

 

Monitoraggio e valutazione delle performance

Il controllo delle performance è la bussola che guida il brand manager verso il miglioramento continuo. Attraverso dashboard dedicate, monitora indicatori quali brand awareness, quota di mercato, sentiment online e ROI delle campagne. Questi dati consentono di valutare l’efficacia delle azioni messe in campo e identificare eventuali aree di intervento.


KPI e strumenti di analisi

Alcuni KPI fondamentali includono il tasso di riconoscimento (brand recall), il Net Promoter Score e il costo per acquisizione. Strumenti come Google Analytics, piattaforme di social listening e CRM aziendali arricchiscono il quadro, consentendo analisi approfondite. Grazie a report periodici, il brand manager adatta la strategia, valorizzando ciò che funziona e correggendo le criticità in tempo reale.

 

Sfide e opportunità

Nel panorama attuale, due aspetti dominano l’agenda del brand manager: la digitalizzazione crescente e le mutevoli aspettative dei consumatori. Da un lato, l’evoluzione tecnologica offre nuovi canali e formati (realtà aumentata, chatbot, e-commerce integrati) per sperimentare modalità di interazione innovative. Dall’altro, la sensibilità verso temi come sostenibilità e purpose richiede coerenza tra parole e azioni concrete.


Trend emergenti nel brand management

Nuovi trend includono il brand activism, ovvero l’impegno sociale percepito come autentico, e la personalizzazione estrema dei messaggi. Le aziende che sapranno unire valori condivisi e tecnologie predittive acquisiranno un vantaggio decisivo, costruendo relazioni durature con la propria audience.

 





Domande frequenti


Quali competenze deve possedere un brand manager?

Un brand manager efficace combina analisi dei dati e creatività, unita a ottime doti comunicative e project management. L’esperienza su tool di marketing digitale e la capacità di leadership sono fondamentali.


Qual è la differenza tra brand manager e product manager?

Il brand manager si concentra sulla percezione e sull’identità del marchio, mentre il product manager supervisiona lo sviluppo e la roadmap dei prodotti, occupandosi di funzionalità e specifiche tecniche.


Quali strumenti digitali vengono utilizzati quotidianamente?

Google Analytics, piattaforme di social listening, software di email marketing e CRM aziendali sono tra gli strumenti più comuni per monitorare e gestire le attività di branding.


Come si misura il successo di una campagna di branding?

Si valutano KPI come brand awareness, brand recall, Net Promoter Score e ROI. Il sentiment sui social e la crescita della quota di mercato forniscono ulteriori indizi.


Serve una laurea specifica per diventare brand manager?

Sebbene molte aziende richiedano una laurea in marketing, economia o comunicazione, l’esperienza pratica e le competenze trasversali spesso fanno la differenza.


Quanto incide il digital nel lavoro del brand manager?

Il digitale rappresenta ormai la maggior parte delle attività di branding, grazie alla tracciabilità e alla personalizzazione dei messaggi. Tuttavia, l’offline resta importante in alcuni settori.

 

Conclusioni

Il ruolo del brand manager richiede visione strategica, capacità di leadership e una costante attenzione ai dati. Per emergere in un mercato competitivo, è indispensabile costruire un’identità coerente e saperla adattare ai nuovi trend.

Un approccio integrato, che unisca online e offline, insieme a un monitoraggio continuo, è la chiave per mantenere il marchio rilevante e distinto.

Infin, non trascurare l’importanza dello storytelling: una buona narrazione trasforma i clienti in sostenitori del brand, assicurando fedeltà e crescita a lungo termine.

Commenti

Valutazione 0 stelle su 5.
Non ci sono ancora valutazioni

Aggiungi una valutazione
bottom of page